Il motivo è presto detto: ha un ruolo di trend-setter. Tanto che, in Asia, la cultura e i trend della Corea danno origine alla “Hallyu”, ovvero la “Korean Wave”. I consumatori cinesi e giapponesi sono fanatici dei prodotti e della società coreana e ne seguono le tendenze.
Un brand occidentale che voglia imporsi e diventare “cool” in Asia può sfruttare la popolarità della Corea. Specialmente in settori come moda, cosmetica e design. Essere apprezzati e riconosciuti in questo Paese significa diventare altamente desiderabili anche nel resto dell’Asia.
Profilo del consumatore coreano
Negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio boom dei consumi interni coreani. E sono sempre più numerosi i consumatori disposti a spendere per prodotti di marca e in grado di apprezzare quelli stranieri.
Le pratiche dei consumatori coreani si sono sviluppate seguendo le dinamiche occidentali. I coreani oggi tendono a valorizzare sempre più aspetti secondari rispetto agli attributi primari e connessi al prodotto in sè, come il brand-name e l’assistenza post-acquisto.
I marchi sono considerati un’indicazione dello status sociale. In questo senso, le donne benestanti sono un tradizionale core market per i brand di lusso, ma anche gli uomini stanno emergendo come target interessante.
L’economia solida del Paese ha favorito la nascita di una classe media con un reddito medio-alto, con la conseguenza di una maggiore sofisticazione nei gusti e un orientamento verso prodotti del segmento high-end. A beneficiarne sono soprattutto i prodotti stranieri che, molto spesso, vantano un fascino esotico che ne aumenta la desiderabilità.
Con una penetrazione di internet del 90%, i coreani sono molto avanzati digitalmente. Su una popolazione di oltre 51 milioni di persone, gli utenti internet sono circa 49 milioni e ben il 95% degli abitanti possiede uno smartphone. Una caratteristica che si riflette anche nel loro comportamento di acquisto. I consumatori coreani sono abituati a cercare informazioni e finalizzare gli acquisti online. Una delle prime fonti di informazioni sono i social network
Settori più promettenti
Il “Made in Italy” tira anche a Seoul, dove le esportazioni delle aziende italiane nel corso del 2018 sono incrementate del 10,7% rispetto all’anno precedente. Stando ai dati diffusi dal Ministero degli Affari Esteri italiano, sono diversi i settori nei quali c’è grande domanda. Detto che l’industria della moda rappresenta quasi il 30% delle importazioni coreane dall’Italia, un settore in forte espansione è quello della cosmetica. In particolare, il settore per la cura della pelle e la cosmetica dedicata al target maschile ha conosciuto un vero e proprio boom negli ultimi 10 anni. Basti considerare che la cura del viso rappresenta oltre il 50% del mercato della cosmetica, un mercato che oggi vale 6,5 miliardi di dollari.
Ma nel 2018 sono numerosi i settori dell’industria italiana che hanno conosciuto un’ottima crescita delle esportazioni. Tra questi:
- Componentistica aeronautica (77%)
- cuoio (23%)
- calzature (21%)
- prodotti in ferro e acciaio (46%)
- prodotti chimici organici (+23%).
Social network e motori di ricerca
Il più popolare social network in Corea del Sud, stando ai dati riportati da una ricerca di Global Web Index, è Kakaotalk: dichiarano di utilizzarlo quotidianamente oltre 8 utenti su 10. Si tratta di un’App di messaggistica coreana one-to-one che offre molte più funzioni rispetto ai “nostri” Messenger e WhatsApp. Una sorta di “WeChat coreano”, dato che oltre a chiamate, chat e condivisione di contenuti (foto, video...),
Kakaotalk permette agli utenti di seguire pagine ufficiali, scaricare giochi o effettuare pagamenti. A seguire ci sono piattaforme americana come Youtube (8 utenti su10), Facebook (6 su 10) e Instagram (5 su 10).
Spostando l’attenzione sui motori di ricerca si scopre che Google ha una presenza limitata. Il motore di ricerca più utilizzato è infatti Naver, che conta circa il 72% della quota di mercato. In seguito alla diffusione degli smartphone Android tra i consumatori, Google ha vissuto una crescita (il motore di ricerca comunemente installato nel sistema Android), ma la sua quota resta sempre marginale (sotto il 10%), superato anche da Daum, un’altra piattaforma locale.
Per farsi trovare dai consumatori coreani, è quindi fondamentale che il proprio sito web (o landing page) sia correttamente tradotto in lingua coreana e ottimizzato da un punto di vista SEO per Naver. Un motore di ricerca che deve il suo successo anche a una user experience molto evoluta. Per citare un esempio, contenuti e dimensioni dei font dei testi si adattano in automatico in base all’età anagrafica degli utenti.
E-commerce in Corea
La Corea è uno dei principali mercati e-commerce al mondo insieme alla Cina. Con un volume di affari che nel 2018 di 64 miliardi di dollari è il 5° Paese al mondo e il 3° in Asia. Dati eclatanti se si considerano le dimensioni del Paese.
L’anno scorso le vendite online hanno generato un volume di affari di 16 miliardi di dollari nel Food&Personal Care, 14 miliardi nel settore Fashion e 11 miliardi nel Design & Arredo.
Una delle principali piattaforme e-commerce in Corea è 11Street, con 26 milioni di utenti iscritti – praticamente un coreano su due - e quasi 9 milioni di utenti unici al mese. Le altre più popolari sono Gmarket e Auction.
A fronte di questi numeri appare chiaro che un’azienda che voglia far conoscere il proprio brand e prodotti non può prescindere dai canali digitali.
In base al settore merceologico di appartenenza, la Corea del Sud può essere il mercato giusto per un primo step nel mercato asiatico. Il suo ruolo di trend-setter, appannaggio in passato del Giappone, può permettere di inserirsi successivamente in mercati più complessi e competitivi come la Cina.