La chiave blockchain per accedere al mercato alimentare dell’Arabia Saudita

Con solo l’1,5% della sua superficie complessiva classificata come coltivabile, l'Arabia Saudita (AS) non è in grado di soddisfare la domanda del mercato agroalimentare locale mediante produzione interna. Per questo motivo l’AS importa più dell’80% del suo fabbisogno alimentare da Paesi esteri come Germania, Stati Uniti, Italia, Spagna etc.

Creato il 15 febbraio 2021
Aggiornato il 15 febbraio 2021

Con solo l’1,5% della sua superficie complessiva classificata come coltivabile, l'Arabia Saudita (AS) non è in grado di soddisfare la domanda del mercato agroalimentare locale mediante produzione interna. Per questo motivo l’AS importa più dell’80% del suo fabbisogno alimentare da Paesi esteri come Germania, Stati Uniti, Italia, Spagna etc.

Va notato che la maggior parte dei prodotti alimentari sono soggetti a dazi d’importazione che vanno dal 5% a salire, a seconda che si tratti di prodotti freschi o trasformati. Il caffè, il tè e la carne rossa, invece, entrano nel Paese senza dazi.

Per quanto riguarda le principali categorie di prodotti importate dall’AS, sulla base delle tendenze rilevate nel 2020 da Best Food Importers si possono individuare 4 ambiti trainanti:

  • Cereali. È il settore agroalimentare più richiesto, le cui importazioni superano i 3,5 miliardi di euro, con al primo posto il riso, seguito da orzo, mais e grano. In particolare, è interessante rilevare che il consumo pro capite di riso in AS è stimato attorno ai 35 kg/anno, che l’80% dell’orzo importato è destinato all’alimentazione animale (principalmente pecore, capre e cammelli) e che la richiesta di mais si prevede in decisivo aumento nel corso del 2021.
  • Latticini. In questo settore l’importazione si attesta oltre i 1,5 miliardi di euro, con formaggi e crema di latte come prodotti più ricercati, senza dimenticare anche uova e miele.
  • Carne. La richiesta di carne rossa e halal resta alta, superando 1,2 miliardi di euro in importazioni. La richiesta maggiore è per la carne bovina, con un giro d’affari di 350 milioni di euro. Il principale fornitore di carne è il Brasile (79%), seguito dalla Francia (18%).
  • Frutta e verdura. In special modo frutta esotica e verdura fresca trainano la richiesta interna, con ai primi posti banane, angurie, mele e ananas.

Proprio nel settore agroalimentare il passaggio al digitale diventa strategico in chiave export per le aziende agroalimentari italiane, come dimostrano gli indicatori relativi all’attenzione per l’ambiente, la salute, la trasparenza e la tracciabilità, emersi da una recente ricerca di mercato condotta da FMCG Gurus su un campione di 1000 abitanti dell’AS.

Una nuova sensibilità ambientale e alimentare

Sempre più consumatori sauditi ritengono che i danni provocati dall’uomo all’ambiente abbiano raggiunto un alto grado di irreversibilità, la qual cosa spiega un crescente interesse per i brand che sanno offrire prodotti “environment friendly”. In particolare, le minacce ambientali maggiormente percepite sono l’eccessiva deforestazione, l’estinzione di specie animali e vegetali e l’inquinamento dei mari e dell’aria dovuto a rifiuti e industrializzazione sregolata. Tali preoccupazioni hanno legami diretti con il settore produttivo agroalimentare e sollecitano nei consumatori l’urgenza di una ricerca di possibili soluzioni o correzioni in campo produttivo, che vedano la compartecipazione sia delle aziende che dei clienti. Dal lato aziende, in particolare, vanno rilevati due aspetti particolarmente significativi per i sauditi:

  • produttori e rivenditori dovrebbero fare di più per la protezione degli ecosistemi nei quali operano;
  • è in atto un sensibile calo della fiducia rispetto alle dichiarazioni delle aziende in merito all’impegno per la salvaguardia dell’ambiente.

Sul fronte consumatori, invece, il 51% degli intervistati ha dichiarato di aver modificato le proprie abitudini alimentari in direzione di maggiore sostenibilità, la qual cosa ha comportato tre principali effetti:

  • quasi il 70% dei sauditi ha iniziato ad acquistare più prodotti agroalimentari locali (benché la produzione locale, come si è visto, non riesca affatto a provvedere alle necessità di consumo dell’AS, questo resta nondimeno un dato interessante, indicativo di una tendenza in atto);
  • il 50% ha ridotto o eliminato il consumo di latte e derivati (purtuttavia restano significative le importazioni di questi prodotti);
  • il 50% ha deciso di consumare molti più cibi e bevande fresche (e in questo ambito la qualità del fresco italiano potrebbe essere maggiormente valorizzata in AS).

Un aspetto senz’altro da menzionare è il crescente interesse per le diete vegetariane che sono ritenute più etiche e, se ben equilibrate, possono garantire un apporto proteico ottimale: altro settore nel quale l’Italia può offrire prodotti di alta qualità, sia freschi che processati.

Una nicchia da sfruttare: prodotti naturali, per perdere peso e per digerire meglio

Anche l’attenzione al peso-forma sta modificando alcune abitudini alimentari saudite. A tale riguardo, si nota come ben il 50% degli intervistati abbia dichiarato di voler perdere peso, e il 40% sta seguendo effettivamente una dieta per dimagrire. Questi dati vanno messi in relazione a due altri aspetti, ovvero il fatto che più del 70% dei sauditi non sia consapevole della quantità di zuccheri presenti nei cibi e bevande e che oltre il 60% ritenga che le etichette sulle confezioni siano poco chiare quando non incomprensibili. Ciò influisce direttamente sulle scelte relative all’acquisto di spuntini o snack, segnando un sensibile spostamento di preferenze da alimenti tradizionali per questa categoria di prodotto, come ad esempio il cioccolato, verso alternative a più alto contenuto proteico ma basso contenuto di zuccheri. Inoltre, i consumatori sauditi si aspettano che gli snack offrano sempre più una spinta nutrizionale complessa a fronte delle usuali piccole dimensioni.

Un altro aspetto rilevante è connesso alla diffusione di patologie legate a problemi di digestione, come irritazioni intestinali, mal di stomaco, intolleranza al glutine etc. Si configura dunque un’opportunità per le aziende italiane che operano nella nicchia dei prodotti alimentari dedicati specificamente al miglioramento della salute dell’apparato digerente, che oltre a essere sani e preferibilmente a base di ingredienti naturali, si richiede siano anche gustosi ed economicamente convenienti.

Trasparenza e tracciabilità: dove entra in gioco la blockchain

Direttamente connessa all’attenzione per la sostenibilità ambientale e i prodotti agroalimentari naturali e salutari v’è la già citata perdita di fiducia nei brand tradizionali di settore, cosa che sta avendo un impatto diretto sulla fedeltà del cliente e riguarda in special modo i millennials (nati tra il 1981 e 1996). I consumatori sauditi, infatti, sospettano sempre più che le dichiarazioni delle aziende siano deliberatamente fuorvianti quando si tratta della qualità del prodotto e delle politiche aziendali adottate sul fronte ambientale.

Pertanto è oggi più che mai fondamentale che le aziende dimostrino la massima trasparenza sulla catena di produzione e distribuzione. Proprio a tale proposito l’introduzione della blockchain può essere uno strumento strategico da adottare, al fine di mantenere alta o riguadagnare un’immagine di affidabilità sul mercato saudita.

La blockchain applicata alla produzione agroalimentare, infatti, sta muovendo oggi consistenti passi in avanti anche e soprattutto in Italia, Paese che ha saputo essere tra i primi a sviluppare progetti sperimentali e che può dunque avere un punto di vantaggio nell’allinearsi al sempre maggiore interesse per questa tecnologia da parte dei consumatori sauditi. In AS, infatti, il 57% del campione intervistato ha dichiarato di voler utilizzare la blockchain per avere, da un lato, maggiore certezza e visibilità in trasparenza sugli ingredienti dei prodotti e, dall’altro, garanzia di una filiera sostenibile.

Va ricordato che l’Italia sta già sviluppando soluzioni di blockchain in alcuni dei settori menzionati all’inizio dell’articolo. Ad esempio, e per citare qui solo alcuni dei molti casi in corso d’opera, è italiano il primo progetto europeo di blockchain applicata alla filiera del riso. Typicalp è invece dedicato al rilancio del comparto latte e latticini tra Italia e Svizzera e prevede l’inserimento della blockchain per consentire l’accesso in modo sicuro a tutte le informazioni sensibili riguardanti i prodotti. Oppure ancora il progetto per la tracciabilità che coinvolge la Latteria Sociale Valtellina e la carne del Consorzio lombardo dei produttori di carne bovina.

Con all’attivo un’esperienza di questo tipo, il passo successivo auspicabile è portare i singoli progetti a livello di sistema blockchain su rete di produttori. Questo consentirebbe di presentarsi in maniera più strutturata e trasparente in Arabia Saudita, incontrando meglio le crescenti esigenze di qualità e tracciabilità.

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