Sostenibilità Digitale: Guida alle pratiche commerciali ecocompatibili

Con un gioco di parole potremmo dire: sostenibilità dell’export, export della sostenibilità. In un momento storico nel quale si parla di sostenibilità ovunque e spesso a sproposito, non è facile capire se il nostro export è coerente con i principi di Bruntland e la prospettiva di lasciare alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale.

Creato il 7 maggio 2024
Aggiornato il 7 maggio 2024

Con un gioco di parole potremmo dire: sostenibilità dell’export, export della sostenibilità. In un momento storico nel quale si parla di sostenibilità ovunque e spesso a sproposito, non è facile capire se il nostro export è coerente con i principi di Bruntland e la prospettiva di lasciare alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale.

Il tema può anche rivelarsi delicato, in quanto la spinta all’export potrebbe scontrarsi con la necessità di limitare le emissioni e privilegiare i prodotti a chilometro zero e il concetto di sostenibilità copre l’ambito ambientale, economico ma anche sociale. 

L’innovazione digitale permette di rendere più sostenibile l’export trasformando alcune trasferte in videochiamate, diminuendo l’utilizzo della carta, limitando gli stock fisici quando si introduce l’e-commerce, aumentando l’efficienza di tutti i processi. A sua volta, però, ha introdotto aree critiche, come l’aumento degli sprechi, l’esplosione della logistica legata ai resi, lo stimolo al consumo di fast fashion e consumi di acqua ed elettricità (che spesso sono per noi invisibili, ma sono necessari per attivare un acquisto on line).

Cosa significa, in generale, per chi si occupa di export, trasferire le politiche di sostenibilità nelle strategie export?

In primo luogo, non è un processo automatico o semplice. Qualche esempio:

  • Le richieste di certificazione Halal sempre più frequenti potrebbero rendere difficile l’applicazione del passaggio a contenitori di materiale riciclato: certificare materiali non vergini è complesso.
  • Alcune proposte positive per l’ambiente danno problemi di accettazione psicologica: è il caso del riciclo dei materiali utilizzati in dialisi (peraltro già in atto in un progetto in Malaysia) oppure del riciclo delle acque nere (come la NeWater a Singapore). 

L’applicazione di normative non omogenee nel mondo e i dubbi dei nostri interlocutori sulle effettive prestazioni di materiali sostenibili (come quelli da economia circolare) si combinano con alcune azioni necessarie, come:

  • Rivedere la priorità dei mercati in base al peso e al valore attribuito alla sostenibilità da importatori, distributori, rivenditori e consumatori 
  • Mantenere una politica di prezzo vincente in presenza di costi generati dal rispetto di politiche di sostenibilità
  • Confrontarsi con i dubbi sulle prestazioni di prodotti e materiali da economia circolare e modificare la narrativa di prodotto conseguentemente
  • Decidere se utilizzare canali dedicati a prodotti naturali e sostenibili o rimanere sui canali specifici di settore (un cosmetico può essere venduto in una profumeria oppure in un negozio dove si trovano tutti i prodotti sostenibili, sia online che offline)
  • Individuare e analizzare le normative specifiche in vigore nel mercato di destinazione
  • Rivedere la segmentazione della domanda, tenendo conto che in alcuni paesi (ad esempio Germania e Nordics) la sostenibilità non è più un argomento di nicchia
  • Rivedere il budget per fiere ed eventi, dato che gli eventi fieristici hanno iniziato a rendere conto delle proprie politiche di sostenibilità (energia, spreco alimentare, climatizzazione…) e che alle esposizioni di settore si aggiungono eventi specializzati: un prodotto per l’edilizia può essere presentato al SAIE ma anche a Ecomondo. Il mondo delle fiere, anche a causa del COVID, ha integrato la fiera virtuale e i sistemi di matching on line.

Il ritardo nel prendere atto dell’importanza delle tematiche di sostenibilità può danneggiare l’export in maniera silente o manifestarsi in veri e propri “incidenti”, ne citiamo alcuni presi direttamente dall’esperienza:

  • Un produttore di intimo antibatterico non viene inserito nella distribuzione svedese perché utilizza sali d’argento che poi si disperdono durante i lavaggi. Quello che in Italia veniva percepito come un vantaggio si è trasformato in un ostacolo.
  • Un produttore di lampioni perde una gara a Singapore perché produce i pali in Italia e il trasporto di questo componente comporta un punteggio basso nella valutazione di sostenibilità. Continuare a produrre in Italia il corpo illuminante (dove risiedono innovazione e differenziazione) e far produrre in ASEAN i pali per queste forniture può essere una soluzione, ma certamente comporta una revisione di processi e degli investimenti che vanno al di là delle decisioni export.
  • Un produttore di intimo non può lavorare con Koop Denmark perché non riesce a garantire la sostenibilità sociale dei laboratori dei subfornitori. Alcune filiere produttive non sono completamente sotto controllo della marca e le richieste da parte di mercati ad alta coscienza di sostenibilità possono mettere in difficoltà.

Le chiavi di lettura sono plurime: ci chiediamo se i nostri processi export sono sostenibili, ma al tempo stesso se la parola chiave “sostenibilità” ci può differenziare nella competizione all’estero e se la corsa alla sostenibilità rappresenta di per sé una occasione di export.

Iniziamo dalla sostenibilità del nostro export attuale: quanto sappiamo della logistica, delle emissioni, della reale sostenibilità delle materie prime? Cosa dire delle confezioni dei prodotti? Il vetro viene considerato sostenibile, ma in una logistica complessa il suo peso porta all’aumento delle emissioni. La plastica tanto demonizzata è più leggera, ma perché continuiamo a chiamare plastica un insieme di materiali dalla sostenibilità più diversa, dove ci sono origini fossili, bio oppure da economia circolare? Il modo nel quale teniamo i contatti con i clienti, esponiamo i prodotti, li trasportiamo sono realmente sostenibili? Quale impatto ha il digitale sul customer journey?

Come possiamo rivedere la sostenibilità del nostro prodotto in chiave export?

Quando possibile, l’utilizzo dell’analisi della sostenibilità del singolo prodotto durante il suo ciclo di vita (PLCA) ci aiuta, ma in contesti di assortimenti molto estesi e a rapido ricambio (come quello dei cosmetici, ad esempio) risulta impraticabile. Potremmo anche dire che non sempre è sostenibile dal punto di vista economico.

In questa fase occorre certamente prendere in esame:

  • Valutazione della catena di fornitura: identificare i punti critici in termini di impatto ambientale, includendo la valutazione delle emissioni di anidride carbonica, l'uso delle risorse idriche e la gestione dei rifiuti
  • Collaborazione con fornitori sostenibili certificati: collaborare con fornitori che adottano pratiche sostenibili e responsabili. Questo può favorire la trasparenza e l'adozione di standard ambientali più elevati lungo l'intera catena di approvvigionamento. Significa anche controllare quali data center sono coinvolti e quali possono garantire la sostenibilità delle loro pratiche.
  • Revisione degli imballaggi: minimizzare l'uso di imballaggi e materiali non riciclabili attraverso l'ottimizzazione del packaging e l'adozione di soluzioni alternative eco-friendly. Le prestazioni richieste dall’export (trasporti, conservazione in ambienti non controllati, sbalzi di temperatura) rendono critica la politica degli imballaggi, insieme al fatto che le normative di smaltimento non sono omogenee nel mondo. L’e-commerce tende ad aumentare le necessità di packaging, sia per la protezione del prodotto, sia per la moltiplicazione delle consegne e dei resi.
  • Premium price riferibile alla connotazione di sostenibilità del prodotto: quanto sono disposti i consumatori a pagare di più il mio prodotto pur di rispettare i propri principi di sostenibilità? La presenza di distributori e rivenditori rende difficile questa valutazione e si presta ad argomenti strumentali da parte delle nostre controparti
  • Revisione del processo di design e sviluppo prodotti, per evitare l’obsolescenza programmata e allungare la vita del prodotto.

In alcuni settori può essere importante lavorare con specifiche certificazioni oppure attivare sistemi di tracciabilità, aggiungere servizi di ritiro dell’usato, riparazione e retrofit. Certamente l’export complica il processo: se parliamo di sostenibilità sociale, ad esempio, è relativamente fattibile garantire il benessere dei nostri dipendenti, ma certamente difficoltoso se non impossibile controllare il comportamento di distributori, grossisti e dettaglianti in mercati a decine di migliaia di chilometri di distanza.

Tutte le azioni citate richiedono forte impegno nella comunicazione, per facilitare la comprensione di un cambiamento nelle confezioni, nell’apparenza di un prodotto oppure per richiedere a distributori e partner la collaborazione nel rispetto degli standard o attenzione specifiche nella scelta di un partner logistico e nella formazione dei propri dipendenti. La figura dell’enabler, cioè il soggetto che ci fornisce tutti i servizi per arrivare online pur senza essere un distributore, è fondamentale per comunicare la sostenibilità dell’export digitale. Cambiare la plastificazione di un cartone stampato, aumentare la variabilità di un colore in un materiale, richiedere di separare dei materiali nello smaltimento: ci sono tanti momenti nei quali dovremo coinvolgere i nostri partner export. Si tratta di educazione e sensibilizzazione, per sensibilizzare i dipendenti, i clienti e gli stakeholder sull'importanza della sostenibilità e fornire formazione su pratiche sostenibili e ambientalmente responsabili.

Nonostante queste difficoltà, esportare prodotti e servizi ad alta sostenibilità può essere una strategia per differenziarsi: in un panorama nel quale i prodotti locali e quelli della concorrenza non possono vantare questa caratteristica, possiamo giustificare il differenziale di prezzo con la sostenibilità. Per capire quali sono i mercati che meglio possono comprendere questa politica, oltre a strumenti di settore, possiamo utilizzare delle classifiche come Sustainable Development Report

L’ultima chiave di lettura è quella delle occasioni create dall’avvicinamento alla sostenibilità. Ogni nuova normativa relativa alla sostenibilità applicata in uno dei nostri mercati di destinazione può generare delle occasioni di export: servono conoscenza, esperti, prodotti, attrezzature, macchinari, prodotti. Se un paese inizia la raccolta differenziata della plastica poi occorrerà attivare anche il riciclo e le aziende italiane sono all’avanguardia in questo settore, come anche nel trattamento delle acque, nei materiali per le costruzioni sostenibili, nel tessile e meccano-tessile. In particolare, il nostro export può beneficiare di un ecosistema di economia circolare già ben popolato da aziende come Rice House (materiali per l’edilizia dagli scarti di riso), Coffeefrom (polimeri derivati dal riciclo dei fondi di caffè), Must Had (economia circolare per il tessile), ma anche da colossi come Gruppo Saviola (pannelli da legno riciclato). 

E se il nostro export è digitale ecco cosa possiamo fare per renderlo più sostenibile: 

  • Compensazione delle emissioni: attraverso progetti di riforestazione, energia rinnovabile o investimenti in progetti di mitigazione climatica.
  • Monitoraggio e reporting ambientale: il reporting trasparente delle performance ambientali può favorire la responsabilità e l'adozione di pratiche più sostenibili.

In conclusione, l'integrazione della sostenibilità nell'export digitale richiede un impegno strategico e continuo da parte delle imprese. Ottimizzare le catene di approvvigionamento, utilizzare in modo efficiente le risorse digitali e ridurre l'impatto ambientale sono passi fondamentali verso un futuro più sostenibile ed equo per tutti.

Non basta, quindi, avere la pensilina del parcheggio con i pannelli solari oppure cambiare i bicchierini utilizzati nell’area caffè dell’azienda. Occorre interrogarsi anche sulle conseguenze dell’export digitale e anche sul modo nel quale gestiamo i rapporti con gli altri operatori sulla filiera; esiste, infatti, anche una sostenibilità da rispettare nei rapporti con le agenzie, la gestione delle gare e delle remunerazioni proposte, che è stata analizzata anche in un interessante post di Tiziano Tassi  . 

Sostenibilità nell’export, al momento, è un processo con molti punti di domanda, tuttavia non rimandabile.

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