L’analisi, svolta dall’Osservatorio Export Digitale del Politecnico di Milano in collaborazione con Promos Italia, si è articolata in due fasi:
- nella prima, ha avuto luogo uno scouting dei marketplace più rilevanti sia a livello internazionale, sia a livello nazionale per i principali mercati eCommerce
- nella seconda, ai fini di valutarne l’accessibilità per i brand italiani, i marketplace selezionati sono stati esaminati singolarmente, contattando direttamente le piattaforme o raccogliendo le informazioni disponibili online.
I dati raccolti per ogni marketplace sono stati divisi nelle seguenti categorie:
- Caratteristiche della piattaforma: con informazioni sulla dimensione del maketplace in termini di fatturato e GMV (gross merchandise value)
- Settori merceologici supportati dalla piattaforma
- Paesi serviti
- Requisiti, accessibilità per i brand italiani e commissioni
- Metodi di pagamento accettati dalla piattaforma
- Presenza di servizi aggiuntivi, come la logistica, digital marketing o servizio clienti.
Il quadro che emerge è quello di un mercato eCommerce tendenzialmente concentrato, in cui ogni paese presenta mediamente poche decine di player molto grandi, ma rilevanti per l’ingresso in quel mercato. Tra i principali operatori internazionali troviamo i noti Amazon e Alibaba. Altre piattaforme rilevanti sono Flipkart, leader dell’eCommerce indiano, Qoo10 con sede a Singapore, Rakuten che opera in Giappone e USA, GittyGidiyor per il mercato turco e Jet.com, posseduta da Walmart, negli Stati Uniti.
Gli attori censiti hanno caratteristiche molto diverse: sul totale di marketplace censiti (58 iniziative a Febbraio 2019), il 46% opera a livello globale (si pensi ad esempio ad Amazon, eBay, oppure EC21, uno dei più grandi marketplace B2b), mentre la restante parte è focalizzata su un Paese di riferimento o area geografica particolare (ad esempio, Allegro in Polonia, Jumia in Africa o Mercado Libre in Sudamerica). Tali marketplace sono altrettanto equamente divisi tra coloro che operano in un settore specifico (marketplace verticali, come Joor per il fashion) e coloro che operano trasversalmente in più settori (ad esempio Tmall nel B2c o ThomasNet nel B2b).
Nel 54% dei casi (che sale al 67% se consideriamo solo i marketplace attivi anche nel segmento B2b) le piattaforme possono definirsi “open”. Ciò significa che con ridotta burocrazia si riesce ad attivare facilmente una presenza su questi siti. Diverso è il caso dei marketplace “restrittivi”, prevalenti nel B2c, che richiedono alcuni requisiti stringenti, come ad esempio la costituzione di una società nel paese in cui si vuole vendere.
Una caratteristica che invece accomuna quasi tutte le iniziative censite è l’offerta di servizi aggiuntivi, prevalentemente in ambito marketing (annunci sponsorizzati, acquisto spazio pubblicitario sulla piattaforma), logistica (spedizione internazionale, sdoganamento, stoccaggio, resi) e data analysis (servizi di CRM e profilazione dei visitatori, report di vendita), spesso messi a disposizione a pagamento da partner terzi rispetto alla piattaforma di riferimento.
Si tratta di servizi rilevanti per il successo di una strategia di export online. Infine, è stato possibile notare come in ambito B2c i marketplace analizzati siano sempre abilitanti una transazione commerciale. Nel caso delle piattaforme B2b è molto frequente che il marketplace sia almeno parzialmente, se non totalmente, adibito ad attività di lead generation. In tal caso questo è uno strumento di contatto tra possibili fornitori e clienti a livello globale i quali però eseguiranno i propri scambi commerciali in un ambiente esterno alla piattaforma.
Relativamente ai costi da sostenere per accedere ad un marketplace, sono state identificate le seguenti categorie di fee:
- deposito: somma da versare (se prevista) al momento dell’attivazione della relazione con la piattaforma a garanzia della propria operatività. Tale somma viene restituita se l’azienda è normalmente attiva sul marketplace
- abbonamento annuale: costo di iscrizione alla piattaforma (con forme di abbonamento che consentono l’accesso a eventuali servizi aggiuntivi, come quelli di marketing, logistica e data analysis)
- listing fee: costo da pagare per ogni inserzione pubblicata sul portale, tipicamente inferiore a 1 €
- fee sul venduto: commissione commerciale che va riconosciuta alla piattaforma come percentuale del fatturato generato dall’azienda utente sulla piattaforma (tipicamente variano dallo 0% al 21% e dipendono dal settore merceologico)
- commissione sui sistemi di pagamento: fee di pochi punti percentuali (tipicamente 2% o 3%) da sostenere, ove prevista, per la gestione del pagamento effettuato sulla piattaforma.
In conclusione, è possibile sottolineare che il quadro delineato si presenta molto variegato. Ci sono diversi marketplace con requisiti e caratteristiche diverse e non sempre è semplice per un’azienda individuare quale piattaforma selezionare a supporto della propria presenza all’estero. È dunque necessario che le aziende italiane interessate ad avvalersi di questi strumenti approfondiscano lo studio delle diverse alternative e le confrontino con le proprie competenze ed esigenze.
L’interazione diretta con le piattaforme e con eventuali altri provider è uno step necessario a valutarne la compatibilità rispetto ai propri obiettivi di export, specie nei casi in cui tali piattaforme abbiano un ruolo dominante nel mercato eCommerce di riferimento.