Poter indagare sui comportamenti online, di navigazione, di ricerca informazioni e visita di siti, nonché di acquisto, consente di suddividere ulteriormente il target aziendale e di arrivare alle buyer persona.
Definizione di buyer persona e implicazioni per il piano export
Le buyer persona sono sottoinsiemi del target classicamente inteso, del quale ora conosciamo molti più dati: sappiamo come si collega (da device mobile o da computer), sappiamo come naviga (come effettua ricerche sui motori digitali e quali parole chiave utilizza, quali siti visita, quali pagine del nostro sito/ e-commerce visita e quanto tempo si sofferma, se fa acquisti e se riacquista).
Conoscere le buyer persona dunque non è un esercizio a se stante: l’azienda deve innanzitutto saper definire il proprio target di riferimento in chiave “classica” ovvero studiare per ogni mercato in cui intende esportare quali fasce di popolazione sono potenzialmente interessate ai prodotti proposti e definirle secondo criteri anagrafici quali fascia di età/ genere/ area o tipologia di centro di residenza/ profilo nucleo familiare/ profilo reddituale e propensione alla spesa; a questi dati è possibile aggiungere i profili psicografici delle ricerche qualitative condotte da istituti specializzati.
Sulla base dei target definiti, l’azienda ha la possibilità di approfondire le caratteristiche di sotto-gruppi secondo il comportamento manifestato online; questa disamina appare fondamentale soprattutto quando si avvia il progetto di e-commerce, poiché le diverse procedure di promozione online, impostazione schede prodotto, lancio promozioni sul sito, nonché comunicazioni a clienti iscritti (esempio al servizio di newsletter) e/o a clienti che hanno già acquistato sul sito diventano decisamente più performanti se costruite sulla base delle preferenze in chiave di navigazione e reattività ai diversi elementi dell’offerta online (dalla proposta di una newsletter al tempo medio passato su alcune schede prodotto al tasso di acquisto e/o riacquisto attivato da alcune schede prodotto rispetto ad altre, alla risposta positiva ad una promozione, all’utilizzo dei servizi post-vendita online).
Da quanto esposto si evince innanzitutto che il target generalmente copre una fascia di popolazione più ampia della somma delle buyer persona, in quanto vi sarà sempre una quota di potenziali clienti che né cerca informazioni online né acquista online; dunque, le buyer persona coprono una parte, talora preponderante talora di minor importanza rispetto al target generale. Tuttavia, dal momento che in particolare le PMI spesso affrontano l’export decidendo di investire soltanto online, di fatto le buyer persona rappresentano la quota del target per cui l’azienda esportatrice decide di allocare un budget di marketing per intercettarle online.
Come reperire le informazioni utili a definire le buyer persona per l’export
Mappare le buyer persona è un’operazione che identifica il comportamento online e suddivide il target potenziale in diversi sotto-gruppi al fine di attivare campagne di comunicazione differenziate che aumentano la probabilità di impressionare positivamente l’internauta e di portarlo sulle nostre pagine nonché di attivare il comportamento di acquisto.
Per comprendere la dinamica dei comportamenti di informazione e acquisto nei diversi mercati, innanzitutto risulta utile consultare Google Market Finder, tool che ci consente di conoscere il modello di navigazione e di acquisto online dei diversi settori: in questo modo, possiamo iniziare a definire le differenze di navigazione e acquisto nei diversi mercati-obiettivo per l’export.
Diventa poi importantissimo comprendere come le persone effettuano ricerche online relativamente al nostro settore/ prodotto: tool come Google Trend ci aiutano a capire quali parole chiave vengono utilizzate per ricercare informazioni nei diversi Paesi e anche come queste cambiano nel tempo (è uno strumento da utilizzare periodicamente).
E’ molto utile anche analizzare gli insight dei social network, che consentono di capire le preferenze dell’utente rispetto al settore ed alle campagne targettizzate.
A questo punto, occorre chiedere la collaborazione agli stessi internauti: la tecnica è analoga al marketing tradizionale ovvero il sondaggio, tuttavia online si può utilizzare in forme molteplici e, soprattutto, spesso può costituire già il primo passo del funnel di vendita (quindi ha due funzioni). Per capire le preferenze degli internauti relative alla navigazione, alla qualità delle informazioni, agli acquisti, possiamo utilizzare le piattaforme per lanciare sondaggi online come Survey Monkey o Survey Sparrow, oppure ancora il tool Google Forms e alcune funzioni dei social quali il sondaggio di Facebook; un punto fondamentale è predisporre moduli da compilare sui propri siti, sia corporate che e-commerce, per raccogliere dati in cambio di contenuti quali newsletter, e-book, guide, pdf, eccetera, sapendo che più il contenuto offerto è approfondito più informazioni potremo chiedere. In termini di export, è interessante notare che quasi mai le risultanze di un sondaggio danno risultati analoghi da Paese a Paese: questo significa che lo studio delle buyer persona ci consente di mirare meglio la comunicazione e l’offerta nei diversi mercati.
Analisi del comportamento delle buyer persona sui siti aziendali
Un punto focale dell’analisi è la valutazione del comportamento degli internauti sui siti aziendali, particolarmente per l’e-commerce: uno strumento valido è certamente Hotjar (se invece si vuole confrontare la UX del sito aziendale rispetto ai concorrenti si veda il tool Website Grader).
Vi è poi una modalità di valutazione delle caratteristiche e dei comportamenti degli utenti sui siti aziendali, nonché dei dispositivi utilizzati, mediante Google Analytics:
- mediante il report Pubblico è possibile valutare dati geografici, demografici, dispositivi di navigazione e interessi;
- il report Acquisizione permette di capire quali azioni e/o piattaforme (su cui attiviamo campagne online) generano maggior traffico web verso le pagine aziendali;
- il report Comportamento da informazioni sulla UX (navigabilità) del sito, sulle pagine più visitate e/o viste per un tempo maggiore, sulle dinamiche di navigazione;
- il report Conversioni come dice il nome stesso indica la trasformazione dell’utente in lead se ha compilato almeno un form ed in cliente se ha effettuato almeno un acquisto, in cliente fidelizzato se ha effettuato più acquisti in tempi diversi.
Per mappare al meglio le diverse buyer persona esistono tool e piattaforme tra cui MakeMyPersona di HubSpot, che prevede un percorso guidato e tuttavia richiede che prima si siano fatte analisi di mercato online e si inseriscano quindi i dati raccolti.
L’analisi dei dati di comportamento di navigazione sui siti aziendali è spesso sottostimato, soprattutto dalle PMI: in realtà, capita che le campagne Ads o PPC per attirare traffico sulle pagine aziendali diano risultati interessanti, ma il bounce rate, il cosiddetto “tasso di rimbalzo” ovvero abbandono della pagina visitata sia troppo alto e di fatto vanifichi la possibilità di conversione del visitatore in lead (contattabile, ha lasciato almeno una mail) ed in cliente per il fatto che il sito è troppo lento oppure i contenuti della pagina non erano aggiornati, oppure la pagina presentava un errore, e così via.
Tenere sotto controllo il comportamento di navigazione delle proprie buyer persona è fondamentale perché, al di là degli errori tecnici, potremmo scoprire che vi sono alcune buyer persona che proseguono la navigazione ed altre che abbandonano, ed è essenziale capire perché magari “rincorrendole” (ovvero seguendo il loro IP Internet Protocol) con campagne retargeting con le quali proponiamo un form (completo di CTA ovvero proposta di contenuto) per chiedere come mai hanno abbandonato la pagina e/o cosa avrebbero voluto trovare.