Il fenomeno degli Influencer non è dunque una novità; viceversa una novità è rappresentata dallo strumento attraverso cui oggi il fenomeno si diffonde e viaggia: il web.
Oggi si parla di Digital Influencer.
Poiché la comunicazione è oramai “liquida”, diffusa, continua e assume mille forme, rompendo le barriere un tempo fissate della comunicazione pubblicitaria che deve sempre essere, per legge, veritiera e non ingannevole, ecco che sorge la necessità di regolamentare questo fenomeno, affinché non prenda derive pericolose per il pubblico e possa essere utilizzato come strumento manipolatorio della volontà di massa.
Si rifletta su quanto interesse le figure degli Influencer generano nel settore commerciale, dove le sorti di un prodotto possono essere determinate dalle gesta di un Influencer con milioni di followers.
Con riferimento a tale strumento è stata focalizzata una peculiare attenzione - in sede nazionale e comunitaria - sulle cd “pratiche commerciali scorrette” e, conseguentemente, sulla “pubblicità ingannevole”.
La pubblicità deve essere:
- palese,
- veritiera
- corretta (art. 1 d.lgs. 145/2007 in Attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole)
- riconoscibile come tale.
Nei mezzi e nelle forme di comunicazione commerciale in cui vengono diffusi contenuti e informazioni di altro genere, la comunicazione commerciale deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti (art. 7 c.a.)
Direttiva 29/2005/CE
Una prima regolamentazione del fenomeno si è avuta, in sede comunitaria ad opera della Commissione Europea con l’adozione della Direttiva 29/2005/CE tesa ad armonizzare, negli Stati membri dell’Unione, la disciplina delle pratiche commerciali, soprattutto a fronte della “new economy” e della obsolescenza delle regole tradizionali.
Con tale direttiva, il legislatore europeo ha ricondotto nell’alveo delle pratiche commerciali ingannevoli tutte quelle pratiche che, inducendo in errore il consumatore e gli impediscono di operare scelte consapevoli.
Nel caso dei followers il rischio è aggravato dal fatto che gli Influencer hanno una relazione/interazione con i followers-consumatori per mezzo della quale riescono a far percepire la pubblicità come un consiglio derivante dall’esperienza personale.
In sede nazionale, in attuazione della Direttiva 29/2005/CE, la pratica della pubblicità ingannevole, è al contempo regolata:
- dal “Codice del consumo” del 2005 e
- dal Decreto Legislativo 2 agosto 2007 n. 145 che definisce la pubblicità ingannevole come: «qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge, e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente»
È in questo contesto che si inserisce – e sviluppa – la figura dei web Influencers, pagati o “incentivati” dalle imprese per postare sui social network contenuti di vario genere al fine di influenzare l’opinione degli utenti, mediante la diffusione su blog, vlog (il video blog, di solito abbreviato in vlog o vidblog, è una forma di blog nel quale la fonte principale di comunicazione è il video o la Web TV: è largamente diffuso su YouTube) e social network di foto, video e commenti che mostrano sostegno o approvazione (endorsment) per determinati brand, generando un vero e proprio effetto pubblicitario.
Tale pratica commerciale, di per sé legittima, è suscettibile di essere considerata scorretta e illecita qualora gli autori delle comunicazioni, cioè gli Influencers non palesino in modo chiaro e inequivocabile ai consumatori (intesi come “fruitori” quindi in senso ampio riferibile anche agli imprenditori) la finalità pubblicitaria delle stesse.
È pertanto cruciale instaurare relazioni stabili con gli Influencer e disciplinare contrattualmente tutti gli elementi chiave del rapporto.
A tal fine, occorre garantire attraverso specifiche clausole contrattuali l’osservanza delle disposizioni normative applicabili in materia di pubblicità (artt. 4 e 7 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale - I.A.P. - d.lgs. 145/2007 sulla pubblicità ingannevole e comparativa, d.lgs. 146/2007 attuativo della direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno) e tutela del consumatore (artt. 20 e ss. del d.lgs. 206/2005 – Codice del Consumo).
La pubblicità non trasparente si realizza quando il professionista occulta la natura promozionale di un messaggio, conferendo allo stesso una veste informativa o comunque neutrale, così abbassando la soglia di attenzione del consumatore.
Tale fattispecie è sanzionata quale pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 22 e 23 del d.lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo”).
Digital Chart dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria
Sotto il profilo regolamentare, acquisisce un’importanza fondamentale anche la Digital Chart dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria che mira ad effettuare una ricognizione delle più diffuse forme di comunicazione commerciale nel mondo digitale e a fissarne dei criteri di riconoscibilità nel rispetto dell’art. 7 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Le linee guida fornite dalla Digital Chart richiedono espressamente l’indicazione nella parte iniziale di un post, avente finalità promozionali,
- della dicitura "Pubblicità / Advertising" oppure
- delle espressioni "Promosso da / Promoted by" o "Sponsorizzato da / Sponsored by" o "In collaborazione con / In partnership with" seguite dal nome del brand,
Il contratto con un Influencer è il contratto atipico di sponsorizzazione con cui un soggetto si impegna a promuovere dei prodotti o un brand online dandone visibilità con i propri canali comunicativi sui social network.
La professione di Influencer consiste essenzialmente nella creazione di contenuti digitali online, siano essi foto, post, stories o video, attraverso i quali, prodotti e servizi di un determinato brand, vengono sponsorizzati e pubblicizzati, "indirizzando" le preferenze di un numero considerevole di utenti, che, da semplici followers, diventano potenziali consumatori.
Sarà, quindi, necessario prestare particolare attenzione all'oggetto di tale contratto, soprattutto al fine di individuare i limiti entro i quali la titolarità dei diritti sui contenuti commissionati dal brand sia da attribuirsi al "creatore" oppure al committente del contenuto in tal modo definendo a chi spetta la tutela del Diritto d’Autore.
- Anche in caso di micro o nano influencer le imprese necessitano di un contratto nel quale stabilire tutti gli obblighi e doveri del soggetto scelto per la promozione dei propri prodotti.
- Un contratto con un Influencer deve necessariamente contenere le seguenti indicazioni:
- l’indicazione della legge di competenza (cambiano alcune clausole se si applica il diritto domestico italiano o un diritto straniero: per esempio la normativa riguardante le “clausole vessatorie” o la clausola penale).
- l’impresa e l’Influencer che sono parti del contratto con i relativi dati;
- il tipo di contenuti da creare e le specifiche piattaforme sulle quali pubblicarli;
- gli obblighi delle parti per l’esecuzione dei servizi oggetto del contratto;
- l’ammontare ed i termini di pagamento per qualsiasi attività svolta;
- l’eventuale recesso per le parti o solo per una delle due;
- l’eventuale obbligo di esclusiva nei confronti dell’impresa;
- la proprietà intellettuale dei contenuti creati e l’eventuale possibilità di utilizzo diretto da parte del Brand;
- l’eventuale divieto di collaborazione per imprese concorrenti con l’indicazione di limiti temporali precisi;
- i mezzi di comunicazione per lo scambio delle informazioni tra le parti;
- l’eventuale risoluzione del contratto in caso di inadempimenti delle parti; (es: art. 1455 c.c.)
- l’obbligo di riservatezza per le informazioni e i documenti scambiati durante lo svolgimento dell’attività; (es: NDA)
- la definizione di eventuali collaboratori esterni per l’esecuzione delle attività previste dal contratto;
- le eventuali clausole penali in caso di violazione degli obblighi contrattuali; (art. 1382 c.c.)
- i KPI (acronimo di Key Performance Indicator: indicatori che riflettono i fattori critici di successo per un'organizzazione, usati per misurare i risultati conseguiti dall'organizzazione medesima: il raggiungimento, ad esempio, di una certa quota di mercato o di un dato livello di servizio o per valutare l’andamento della campagna);
- gli hashtag da utilizzare per indicare la collaborazione;
- gli eventuali specifici esoneri di responsabilità per le attività oggetto del contratto;
- l’informativa per il trattamento dati ai fini del Gdpr;
- l’indicazione del foro competente o arbitrato per le eventuali controversie legali sia in Italia che all’estero.