La manufacturing digital transformation: produrre a partire dai big data

La quarta rivoluzione industriale? E’ già tra noi, la conosciamo come Industria 4.0; la digitalizzazione del manifatturiero è una vera rivoluzione copernicana, in quanto dalla visione focalizzata “a monte” sulle materie prime e sui processi produttivi si passa alla visione focalizzata “a valle” sui consumatori e sui dati legati alle preferenze ed agli acquisti dei clienti finali con una vera personalizzazione anzi “individualizzazione” del prodotto e delle modalità di produzione.

Creato il 23 dicembre 2020
Aggiornato il 4 gennaio 2021

La quarta rivoluzione industriale? E’ già tra noi, la conosciamo come Industria 4.0; la digitalizzazione del manifatturiero è una vera rivoluzione copernicana, in quanto dalla visione focalizzata “a monte” sulle materie prime e sui processi produttivi si passa alla visione focalizzata “a valle” sui consumatori e sui dati legati alle preferenze ed agli acquisti dei clienti finali con una vera personalizzazione anzi “individualizzazione” del prodotto e delle modalità di produzione.

Tuttavia, la vera rivoluzione sarà la connessione diretta tra Big Data e decisioni di investimento, passando per la correlazione tra i diversi punti della filiera interconnessi sulla base delle rilevazioni dei dati relativi ai clienti finali.

Il cliente è al centro? Solo se gestiamo i dati

Si parla di Industria 4.0 dalla Hannover Messe del 2011, e sempre nell’ambito della stessa manifestazione nell’edizione 2013 Bosch e Acatech presentarono con alcuni partner un report che viene considerato la pietra miliare del nuovo concetto di produzione.

Da allora si sono sviluppate diverse tecnologie abilitanti, ma il punto più interessante é costituito dai nuovi possibili modelli di business; il cambiamento, infatti, non investe unicamente il processo produttivo ma impatta la gestione complessiva del business e modifica profondamente le filiere e l’organizzazione del lavoro. Tesla ha creato a Fremont, California, una fabbrica 4.0 con sistemi robotici e processi di personalizzazione delle auto secondo le richieste dei clienti; Mercedes ha digitalizzato la produzione della classe E mediante tecnologie quali realtà aumentata ed Internet of Things che hanno permesso di ridurre le tempistiche di produzione e di ridurre i costi. Adidas ha creato Speed Factory nel 2016: si tratta di un sito produttivo che grazie all’automatizzazione dei processi ha ridotto fortemente le scorte di magazzino. 

La produzione ridisegnata grazie al 4.0 può essere davvero affascinante per le potenzialità che disvela: basti dire che è possibile progettare prodotti su misura per il singolo cliente e produrli uno per uno presso il luogo in cui si trova il cliente; un esempio già all’attivo è la creazione di suole per atleti professionisti, progettati sulla base di misurazioni sofisticate prese anche a distanza in un luogo A, la cui produzione “segue” il cliente nel luogo B all’altro capo del mondo mediante la stampa a 3D su polimeri specifici, con una filiera digitale che richiede nuove competenze quali il controllo e la protezione digitale, il perfetto allineamento tecnico per gestire eventuali problematiche/imprevisti, clausole specifiche di tutela nell’accordo con il produttore (laboratorio) locale. E non è finita: ferme restando le  problematiche legate alla privacy, se si dotassero gli oggetti di chip ovvero sensori per “leggerne” le modalità d’uso del singolo cliente, questi dati permetterebbero ai produttori di personalizzare la comunicazione e la promozione prima ancora della progettazione e produzione.

Dalla smart factory alla smart chain: l’efficientamento della filiera

Tuttavia, il vero potenziale non è nell’automazione in sé ma nella innovazione della filiera oltre che nella progettazione strategica di nuovi modelli di business; se il produttore ha accesso a dati su preferenze, acquisti precedenti, comportamenti di riacquisto, whishing list dei clienti finali e li utilizza per definire il profilo di consumo ed i percorsi decisionali nonché alcuni comportamenti correlati, può definire cluster di indagine e di orientamento delle informazioni oltre che di individualizzazione della comunicazione, della componente di servizio nonché (infine) del prodotto.

Gli algoritmi che gestiscono i dati del comportamento di acquisto nonché di ricerca delle informazioni da parte del potenziale cliente restituiscono un profilo talora inaspettato: un esempio interessante è quello degli acquirenti di feltrini per i mobili, il cui comportamento di acquisto viene correlato a livello statistico con una maggiore affidabilità nel rispettare le scadenze dei finanziamenti dunque l’informazione diviene interessante per un settore completamente diverso (come anni indietro fu per il settore degli imbottiti quando scoprì mediante ricerche di mercato che la famiglia sceglieva tra salotto nuovo e pacchetto vacanza, dunque nacquero promozioni che facevano leva su facilitazioni di viaggio e concorsi correlati).

Il punto è: dove si trovano queste informazioni e come definire le correlazioni più efficienti per il nostro modello di business? Le informazioni più interessanti si trovano lungo la filiera, quindi nel processo sono coinvolte le reti distributive e di vendita, distributori ed agenti, reti di assistenza tecnica ed in generale la rete di contatti che entra in relazioni con clienti finali ed intermedi. Anche la stessa trasformazione del dato da input derivante da sensori (tecnologici e non) del sistema avviene a livello centrale per essere poi restituito alla filiera sotto forma di nuove strategie: dall’analisi del dato si possono modificare i processi di gestione del cliente, di obiezioni e reclami, di delivery di prodotto e servizio, si può centralizzare il magazzino con prodotti che vengono personalizzati e quindi ridurre i metri quadri dei punti vendita, rendere la rete più competitiva a livello internazionale (la robotica consente di efficientare modelli e processi di assistenza  centralizzando la parte progettuale).

Se il marketplace diventa produttore (grazie ai big data)

La frontiera di Industry 4.0 è già oltre la revisione dei processi produttivi e ridisegno della filiera: i data analytics stanno diventando la base e la strategia di investimento nel manifatturiero, definendo sia gli ambiti di investimento più interessanti sia una modalità innovativa e personalizzata di produrre.

Alibaba ha inaugurato una fabbrica tessile che ha chiamato Xunxi, che in cinese significa “rinoceronte veloce”, in cui la produzione si basa sulla personalizzazione e sulla rapida adattabilità alle fluttuazioni della domanda, riducendo livello delle scorte e magazzino; il processo di raccolta e gestione del dato è mutuato dall’ecommerce e definisce un livello di competitività oltremodo interessante. In sostanza, si sta creando nel manifatturiero un concetto simile al phygital che sta interessando il retail per il quale l’interazione quando non l’ibridazione tra fisico e digitale costituisce ormai la strategia di elezione. Nel caso di Alibaba, la produzione di Xunxi proporrà abbigliamento (personalizzato) mediante le piattaforme proprietarie Taobao e Tmall, integrando quindi la filiera distributiva, di vendita e logistica; una perfetta sintesi di come il dato si possa trasformare da concetto digitale in strategia, prodotto ed infine filiera integrata. 

Il dato diviene materia prima, ed è al contempo la prima leva di competitività: per l’azienda, che orienta in tal modo gli investimenti e ha maggiore reattività alle mutazioni della domanda rispetto ai competitor, ma anche per il territorio che in tal modo può ripensare la filiera grazie all’efficientamento ed alla possibilità di piccoli lotti di produzione in loco a seconda della domanda locale (la Speed Factory di Adidas venne inaugurata in Germania nel ’16 dopo decenni di delocalizzazione produttiva in Asia). 

Dunque, l’innovazione 4.0 non è solo della strategia produttiva ed aziendale, ma può essere la leva per il reshoring e per una nuova organizzazione del lavoro.

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