I consumatori dei mercati internazionali chiedono più blockchain per i prodotti agroalimentari

Uno dei settori trainanti del made in Italy a livello internazionale è l’agroalimentare. Infatti, sebbene in un quadro di rallentamento generale dell’export nel primo semestre 2020 le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari sono cresciute del 3,5% rispetto ai primi sei mesi del 2019 (elaborazione Ismea su dati Istat.

23 novembre 2020

Uno dei settori trainanti del made in Italy a livello internazionale è l’agroalimentare. Infatti, sebbene in un quadro di rallentamento generale dell’export nel primo semestre 2020 le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari sono cresciute del 3,5% rispetto ai primi sei mesi del 2019 (elaborazione Ismea su dati Istat.

Il dato risulta ancor più incoraggiante soprattutto se consideriamo le difficoltà causate dal diffondersi del Covid-19. Tuttavia, proprio l’attuale situazione pandemica ha accentuato ulteriormente alcune esigenze dei consumatori internazionali, già rilevate da una ricerca di mercato condotta dalla britannica FMCG Gurus (2019).
La ricerca ha coinvolto 26.000 consumatori in 26 diversi Paesi, tra cui Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Indonesia, Italia, Malesia, Polonia, Slovenia, Spagna, Sudafrica, USA e Vietnam.

L’opinione dei consumatori su fiducia, sostenibilità e blockchain

La ricerca della FMCG Gurus si concentra principalmente su tre aspetti: fiducia, sostenibilità e trasparenza, tecnologia blockchain applicata all’agroalimentare. Qui di seguito sono riportati i risultati rilevanti per ciascuna di queste voci.

Fiducia

Il calo della fiducia dei consumatori nei confronti delle aziende agroalimentari è un fatto che si registra da oltre un decennio ed è dovuto principalmente a due diverse percezioni.

  • Anzitutto, l’esposizione mediatica di scandali come sofisticazioni alimentari, opacità sulle informazioni relative ai prodotti e sfruttamento a basso costo di risorse in Paesi terzi ha fatto nascere l’idea che le aziende siano guidate principalmente da interessi economici più che da valori come la qualità e la sicurezza dei clienti.
  • In secondo luogo, e di conseguenza, soprattutto nelle fasce reddituali medie e basse, è aumentata la diffidenza sulla congruenza di prezzo di certi prodotti rispetto ai costi di produzione.

Dalla ricerca della FMCG Gurus emerge che dal 56% al 64% (dipendentemente dai settori: alimenti, bevande, integratori) degli intervistati dichiara che potersi fidare dei brand agroalimentari è un aspetto non solo importante, ma alle volte anche discriminante quando si valuta un acquisto. Ciò dipende dal fatto che la fiducia è generalmente associata all’idea di maggiore qualità e di un certo prodotto, che è pertanto percepito più sano e salutare. Su questo fronte va ricordato che l’Italia è avvantaggiata poiché esiste già un sistema efficace ed efficiente di controllo e garanzia della qualità mediante rilascio di certificazioni DOC, DOCG, DOP, IGP, IGT etc., che sono uno dei fattori determinanti del successo del comparto agroalimentare italiano nel mondo. Tuttavia, al di là del prodotto in sé, il 45% degli intervistati dichiara che il senso di fiducia in un brand dipende anche dal coinvolgimento dell’azienda in attività etiche, sociali e ambientali.
A fronte di questi dati, però, solo il 50% dei consumatori afferma di fidarsi dei brand agroalimentari e la tendenza è comunque negativa perché un consumatore su quattro dichiara di aver meno fiducia oggi rispetto a tre anni fa.

Sostenibilità e trasparenza

Un aspetto non secondario è la maggiore attitudine dei consumatori a informarsi. Il 50% degli intervistati afferma infatti di svolgere regolarmente ricerche su prodotti e aziende, e dichiara che a garanzia di responsabilità sociale e d’impresa non è sufficiente che i brand monitorino la propria produzione o filiera, ma il controllo dovrebbe estendersi anche ai fornitori. La richiesta di sostenibilità ambientale e sociale da parte dei consumatori sta aumentando e le aziende che prestano attenzione agli aspetti etici, sociali e ambientali, devono sempre più poter dimostrare in modo trasparente che tutti gli attori coinvolti nella produzione e trasformazione non presentino credenziali eticamente discutibili.
Una delle principali preoccupazioni segnalate, ad esempio, riguarda l’emissione di CO2 durante il processo produttivo: ben il 60% degli intervistati ha dichiarato di essere particolarmente interessato a questa informazione, manifestando inquietudini legate al cambiamento climatico e al riscaldamento globale. In questa direzione sono certamente da ascriversi anche alcuni mutamenti generali delle abitudini alimentari, che tendono a penalizzare il consumo di carne a beneficio di prodotti a base vegetale.

Blockchain e agroalimentare

La tecnologia blockchain, portatrice di un alto grado di tracciabilità, affidabilità e trasparenza, può risolvere alcune delle problematiche suesposte, incontrando così le esigenze emergenti dei mercati internazionali.

A tale proposito, benché solo pochi tra gli intervistati dalla FMCG Gurus abbiano sentito parlare di blockchain, una volta spiegato il suo funzionamento in termini semplici, il 50% di essi dichiara non solo di gradire questo strumento come soluzione alle necessità personali di sicurezza alimentare e accessibilità alle informazioni, ma anche di essere intenzionato sicuramente a usarlo nelle proprie ricerche sul prodotto. Il dato è confermato anche da una recente ricerca della Zebra Technologies (2020) sulla sicurezza alimentare lungo la filiera produttiva, condotta su 5400 intervistati in 15 diversi Paesi di Asia, America ed Europa. Anche qui si mette in evidenza come l’impiego di tecnologie quali la blockchain, che consentono di verificare con maggiore certezza le informazioni sugli alimenti, aiuti a invertire il trend di crescente sfiducia dei consumatori nelle garanzie di sicurezza alimentare offerte dalle aziende produttrici.

È tuttavia importante sottolineare che su questo punto le risposte variano a seconda del settore. Ad esempio, se da un lato c’è una forte richiesta di trasparenza e tracciabilità nella filiera del caffè (che è un ambito particolarmente esposto a considerazioni di carattere etico e ambientale), ve n’è molta meno per quanto riguarda gli integratori alimentari.

Alcune grosse multinazionali hanno già accolto questa sensibilità dei consumatori e avviato progetti di tracciamento mediante blockchain. Per fare solo degli esempi, la Nestlé ha implementato una blockchain per tracciare il latte artificiale e recentemente ha esteso il progetto al caffè. Anche Walmart da alcuni anni sta puntando sulla blockchain per aumentare la sicurezza alimentare dei propri clienti. Inoltre, negli USA il progetto BeefChain si propone di immettere sul mercato carne bovina e ovina verificata tramite blockchain, al fine di migliorare la tracciabilità e dimostrare una gestione etica e sostenibile degli animali allevati.

 
Esempio di tracciabilità in blockchain; fonte RuralHack

La blockchain agroalimentare in Italia

Anche da noi alcune realtà del settore agroalimentare si stanno allineando alle esigenze dei mercati internazionali, sviluppando interventi mirati di blockchain. Tuttavia, l’impiego della blockchain nell’agroalimentare italiano non è ancora molto diffuso. Proprio per questo motivo, adottare questa tecnologia adesso può rivelarsi un valore aggiunto e un vantaggio competitivo per le imprese che intendono affacciarsi o consolidare la propria presenza sui mercati internazionali. Per chi sia interessato, tra gli operatori già presenti sul nostro territorio, in grado di offrire un servizio di certificazione e di implementazione blockchain, a titolo d’esempio ricordiamo:

  • Foodchain è una start-up italiana che consente di tracciare in blockchain la “vita” del prodotto dal produttore allo scaffale, compresi i trasporti e fasi di lavorazione intermedie; tutte le informazioni sono accessibili al consumatore via codice QR in vari formati: testo, immagine, video.
  • pOsti è un progetto made in Italy che ha l’obiettivo di certificare in blockchain le ricette italiane, coprendo l’intera filiera dei singoli prodotti utilizzati per ciascuna ricetta; grazie alla collaborazione con lo chef Antonello Colonna, pOsti ha certificato la ricetta di uno dei suoi piatti, la “panzanella romana”, in questo modo offrendo al cliente al ristorante piena visibilità su tutto ciò che sta dietro (e dentro) la pietanza che sta gustando.
  • ITEMx® è il sistema di certificazione di GenuineWay, che ha sviluppato una blockchain per la pasta pugliese di Solitaly destinata al mercato USA <>.
  • Trusty, ideata dalla start-up Apio in collaborazione con Var Group e dedicata al made in Italy agroalimentare, ha recentemente implementato una soluzione blockchain per i salumi Colli del Garda.
  • WINE Blockchain, progetto della start-up Ezlab ed Ernst&Young Italia per la tracciabilità dalla vigna alla bottiglia, è stata adottata ad esempio da Cantine Volpone per certificare la filiera produttiva del vino “a Km 0 virtuale”, come si legge sul sito della cantina: “dal campo in cui è stato coltivato alle sementi utilizzate, dai trattamenti effettuati ai passaggi della filiera, compreso il numero di ‘chilometri’ percorsi dal campo agli scaffali del punto vendita”; tutti questi dati sono a disposizione del cliente tramite codice QR stampato su ciascuna etichetta.
  • IBM Food Trust™, che fornisce la tecnologia blockchain per Trusty, ha curato tra gli altri anche gli interventi per Walmart e Nestlé, ricordati sopra.


 

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