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Il fenomeno NFT (Non Fungible Token): un trend in ascesa

25 maggio 2021
di lettura

Impazzano tra i giovani sotto i 30 anni, ma sono un fenomeno di cui negli ultimi dodici mesi si sono accorti anche settori tradizionali, e sono una leva di creazione di valore per diverse realtà: sono gli NFT Non Fungibile Token, ovvero un processo di tokenizzazione di un contenuto digitale che porta a rendere unico il contenuto e/o il prodotto rappresentato digitalmente.

Basati sulla tecnologia blockchain, permettono di identificare la proprietà intellettuale del contenuto, di trasferirne la proprietà sui marketplace con tecnologia dedicata, di verificare l’autenticità del contenuto stesso.

NFT e arte

Certamente il settore che più di altri sta utilizzando gli NFT e che ne sta traendo risultati inaspettati è il mercato dell’arte: non stiamo parlando di opere tradizionali bensì del collezionismo 2.0 che manifesta interesse per opere interamente digitali creati da artisti che possono essere sia attivi nelle arti quali pittura e scultura ed oltre a questo essere creatori di contenuti artistici immateriali, oppure può trattarsi di artisti che hanno scelto il digitale quale unica espressione delle loro creazioni.

Tra gli altri, l’artista più conosciuto nel mondo degli NFT è certamente Beeple, alias Mike Winkelmann, la cui opera interamente virtuale “Everyday: The Fist 5.000 Days” è stata battuta da Christie’s l’11 marzo del ’21 per 69, 3 milioni di dollari; il valore costituisce la terza quotazione in asta per un artista vivente. Perché un collezionista acquista un’opera d’arte digitale? Si tratta di una forma espressiva come un’altra, con il fascino della esplorazione del nuovo e della nuova frontiera; le opere possono essere “esposte” in casa o in ufficio in forma virtuale, ma più spesso vengono conservate nella collezione privata online che il singolo può decidere di aprire o meno a contatti selezionati, e soprattutto possono essere vendute mediante gallerie d’arte virtuali o meglio marketplace specializzati.

I marketplace di riferimento sono diversi, i più conosciuti sono certamente SuperRare, Nifty e Opensea; le quotazioni in queste piattaforme sono di tutto rispetto, a conferma dell’interesse del mondo degli investitori, e come nel mondo delle gallerie d’arte tradizionali alcune trattano opere ed artisti di maggiore risalto e maggior valore. Il confine online/offline è comunque stato superato, e Christie’s ripete in maggio l’esperienza con un’asta dedicata ai cryptopunks, nello specifico ai 9 più rari tra i 10.000 ritratti in pixel art generati in forma random mediante un algoritmo dagli artisti Matt Hall e John Watkinson uniti nel progetto Larva Labs; si tratta di una delle forme originarie di NFT, originariamente nati per qualificare e attestare l’unicità di disegni/ creazioni digital a partire da personaggi del gaming e del software.        

NFT e fashion

Il mondo della moda non soltanto si è “accorto” del fenomeno degli NFT, ma nell’ultimo anno sta decisamente accelerando nelle applicazioni dedicate a prodotti digitali; tra gli altri, Gucci da qualche mese ha lanciato una linea di sneakers digitali che possono essere utilizzati in realtà aumentata e sui social, in collaborazione con la fashion tech company Wanna, in vendita a 11,99 dollari sulla app Gucci ed a 8,99 su Wanna Kiks. Un modo per “preparare” i clienti di domani? Non solo, in realtà è una modalità per ampliare il raggio d’azione della marca sia per target sia per modalità di fruizione del contenuto creativo che viene declinato in quelli che sono nuovi prodotti e non soltanto una replica dell’esistente.

Anche Nike ha investito nella tecnologia blockchain e NFT già dal 2019 ed ha creato una linea di cryptokicks che rientrano nel brevetto aziendale e sono proposte sia come prodotto strettamente virtuale (con la possibilità di essere “indossate” anche nelle piattaforme di gaming) sia come prodotto che è possibile replicare nel reale per essere indossate in termini tradizionali. Nike sta pensando anche a soluzioni blockchain per il retail, prefigurando quindi un trend di ibridazione che con il lockdown è diventato un punto qualificante per i brand ed il retailer.

Naturalmente non ci fermiamo alle calzature: gli NFT possono davvero creare un mercato di pezzi unici, di collezioni limitate, di pezzi pensati unicamente per il singolo cliente, dunque la “firma digitale” è un veicolo potente sia per i nuovi prodotti digitali (ivi inclusi accessori e decorazioni per i device) sia per la qualificazione dei prodotti tradizionali, oppure ancora per il doppio binario di creazioni pensate per il digitale che il cliente può decidere di “estrarre” e farne un pezzo esclusivo ed originale del proprio guardaroba.

Non a caso, è nato l’evento Crypto Fashion Week che nel 2021 si è tenuta nella terza settimana di febbraio, a cui tra gli altri hanno partecipato Maghan McDowell, direttore innovazione Vogue; DressX, brand di collezioni digitali con designer 3D; The Dematerialized; RTFKT Studios. Quest’ultima, nata nel gennaio 2020, persegue la dematerializzazione del design nel fashion quale elemento di inclusione e di sostenibilità ambientale, in quanto partendo dalla creatività online e dagli outfit digitali si può arrivare ad una produzione mirata o su misura.  

Il futuro degli NFT

La crittografia che consente di asseverare l’unicità e la proprietà del contenuto digitale è una leva determinante per rendere interscambiabili i prodotti digitali: grazie alla crittografia NFT, il prodotto diventa unico e dunque pronto per un mercato fatto anche della realtà virtuale e delle piattaforme che vanno dai social (Snapchat in testa) al gaming, dunque con una potenzialità più ampia dei mercato tradizionali, non tanto in termini di numeri almeno per ora quanto in termini di target raggiungibili che sono il vero valore per i brand.

Inoltre, grazie agli NFT è possibile una vera ibridazione del prodotto fisico e di quello virtuale, così come delle occasioni d’uso fisiche e quelle virtuali; vale non soltanto per la moda, pensiamo ai prodotti agro-alimentari o ai fattori della produzione di questo settore, di fatto esistono da tempo siti che propongono di “adottare un vigneto” o un animale da latte o altro, ma solo tramite “firma digitale” possiamo assicurare all’acquirente che sulla sua tavola arriverà il vino pregiato esattamente di quella parte del vigneto con una determinata esposizione, e potremo anche creare bottiglie virtuali da collezione ovvero personalizzate per il singolo cliente

Ancora di più potrà essere coinvolto il design, che già oggi vede quale supporto principale delle vendite online la realtà aumentata che consente all’internauta di visionare il pezzo nel contesto di casa/ familiare e che potrebbe decidere di acquistare un pezzo digitale protetto da NFT, “esibendolo” mediante proiezione o schermo/ device, oppure ancora optare per l’uso virtuale (noleggio) di diversi pezzi per un periodo prima di decidere esattamente quale ordinare in formato fisico, oppure acquistare pezzi virtuali per il set più adatto per le foto che pubblicherà sui social.

Se l’idea dell’utilizzo di pezzi di design per le piattaforme virtuali sembra esagerata, si pensi solo che il tempo medio giornaliero che un utente Instagram passa sulla piattaforma è di 53 minuti: l’utilizzo di filtri e di accorgimenti per gli ambienti è in aumento, e determinati target sono più coinvolti di altri nella digitalizzazione dell’esperienza.

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