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Metodi digitali e tradizionali per la Mappatura dei Mercati

15 luglio 2020
di lettura

La mappatura dei mercati geografici è una fase fondamentale nel processo d'internazionalizzazione, sia per le aziende che partono da zero, sia per quelle che già  esportano ma vogliono incrementare le vendite estere.

Un buon punto di partenza è senza dubbio usare strumenti di web marketing per analizzare domanda e concorrenza relativamente al prodotto o servizio che si vuole esportare, partendo dalla valida assunzione che le ricerche su Google sono direttamente proporzionali alla dimensione globale di quel determinato settore e non solo confinate agli acquisti online.

Free Tools di Google

Con Google Analytics, ad esempio, è possibile individuare i mercati interessati già oggi ai nostri prodotti, misurando da quali paesi provengono le visite al nostro sito e su quali pagine. Google Trends ci permette altresì di capire in quali mercati articoli come i nostri sono ricercati e l'andamento nel tempo dei volumi di ricerca e delle keyword usate. Google Market Finder ci aiuta invece a capire le modalità con cui i nostri prodotti e similari sono ricercati, con quale traduzione in lingua locale e a quali bisogni (di ricerca) possiamo rispondere in quel determinato paese. Strumenti come Semrush sono invece utili a studiare la concorrenza in quel dato paese e quali sono i domini che agiscono da top player.

Bene, abbiamo tutto allora. Non è proprio così...

Limiti degli strumenti digitali

Intanto, in una fase iniziale d'internazionalizzazione, non sempre il nostro sito web possiede già le carte in regola per ciò che riguarda la visibilità organica e i contenuti. Anzi, è probabile che sia proprio questa una delle task cui abbiamo iniziato a valorare con ritorni attesi non immediati.

Consideriamo poi che trattasi di strumenti che, pur di semplice uso, presuppongono l’esistenza in azienda di un certo grado di expertise digitale, quando non vengono delegati a società di web marketing esterne.

Inoltre, alcuni mercati, specie nel B2B, non sono particolarmente digital sexy, in quanto le relative ricerche portano spesso a numeri modesti e poco significativi. In certi settori molto tecnici, della meccanica ad esempio, segnalazioni sulla falsariga de "i dati correlati alla tua ricerca non sono sufficienti per essere mostrati qui", che sono un po' l'incubo del marketing data analyst, non significano necessariamente che non esista una domanda in quei paesi e che quindi non ci sia spazio per il tuo export.

Inoltre non possiamo dimenticare che Google non è presente, o lo è scarsamente, in mercati importantissimi come la Russia (dove è Yandex a primeggiare) o la Cina (è il caso di Baidu), negli USA va affiancato da Bing e Yahoo, ed analizzare anche le metriche di questi ulteriori motori di ricerca non è banale o a buon mercato.

Strumenti Tradizionali

Ecco allora la rivincita degli strumenti tradizionali, quelli "trans-Google" tanto per intenderci, i quali, a meno che non si disponga di un budget sufficiente all’acquisto già confezionato di analisi di mercato, diventano fondamentali e strategici. Il più importante, e di facile accessibilità e impiego, è sicuramente MADB, il Market Access Data Base.

La banca dati sull'accesso ai mercati, oltre a fornire informazioni utilissime agli esportatori europei in merito a dazi, tasse e tributi, documenti d’esportazione , studi sull'accesso ai mercato e ostacoli agli scambi di tutte le tipologie (anche sanitarie), ha tra le sue funzionalità quella statistica che permette di ottenere una panoramica completa sui flussi commerciali da tutti i paesi UE ai paesi extra-UE, estremamente fruttuosa per mappare il mercato.

Selezionando il paese esportatore (tipicamente l'Italia), quello importatore e gli anni di riferimento, si ottengono informazioni, scaricabili anche in formato excel, sul valore (€) e sulla quantità (Kg) sia d'importazione che d'esportazione. Dalla semplice divisione del valore con la quantità si ottengono indcazioni sul prezzo al chilo che in certi settori sono molto significative (pensiamo all'agroalimentare e al tessile) senza ulteriori elaborazioni.

Alcune associazioni di categoria offrono gratuitamente alle aziende associate un servizio di aggregazione di questi dati (che derivano da Data Base Istat, Eurostat, ecc.) attraverso piattaforme software di loro proprietà, rendendo gli output meglio digeribili e soprattutto esplicitando chiaramente anche i flussi di scambio commerciale intra-UE.

In generale, studiare i dati relativi alle importazioni in Italia di un dato articolo permette di avere un'idea dei Paesi Concorrenti nel mercato Italiano e, di conseguenza, di arrivare alle aziende straniere concorrenti, i trend di mercato, le minacce già in atto (concorrenza low-cost, ecc.). In base al nostro fatturato, possiamo anche estrapolare una stima della nostra quota di mercato Italia.

Le esportazioni indicano dove l'Italia (e quindi  i concorrenti italiani) esportano quel particolare prodotto, e danno un'indicazione del consumo o della domanda in quel determinato paese. Come per tutti i dati, vanno sempre analizzati cum grano salis, ovvero attraverso il filtro della nostra conoscenza del mercato, in quanto includono non solo i dati di chi produce quel prodotto, ma anche di chi lo importa per poi riesportarlo. Le indicazioni da trarre possono essere sulla presenza o meno di una filiera ancora solida (che la produzione locale non soddisfa in pieno), il grado di percezione del Made-in-italy, la nostra quota export (sul totale ITALIA).

Le tabelle excel così ottenute hanno già una loro utilità intrinseca, ma se poi in azienda esiste un back office amministrativo in grado di creare e maneggiare tabelle pivot, ovvero uno strumento per visualizzare questi dati in modo diverso da come si presentano nell'excel scaricato, aggregandoli e riepilogandoli sulla base di specifiche funzioni ed esigenze, risulta evidente come si possano aprire scenari di lettura e di analisi veramente interessanti.

L'azienda, partendo da una selezione dei suoi articoli esportabili con relativi codici TARIC (TARiffa Integrata Comunitaria), può quindi effettuare un'analisi dei flussi relativa a ogni codice dal punto di vista, ad esempio, del paese verso cui si esporta, suddividendo i paesi più interessanti in termini di volumi importati  e ricettività a prezzi più alti e quindi in grado di riconoscere un Premium Price al Made in Italy, e tutto questo semplicemente calcolando il valore unitario medio di importazione.

S'individuano così quali sono i paesi esportatori leader, le minacce di concorrenza low cost, quali sono gli articoli più trainati dal Made in italy, quelli meno sensibili al prezzo, si confronta il nostro prezzo con quello medio italiano e degli altri paesi, identificando quindi i prodotti con più opportunità e spazio in quel determinato paese.

Un passo ulteriore è dare dei pesi ai paesi target legati al prezzo e al volume in modo da estrapolare una sorta di ranking paese come indice di attrattività. In base al proprio posizionamento strategico, si punterà tipicamente sul paese con prezzi di importazione più alti e volumi comunque interessanti, piuttosto che a  quello con grandi volumi ma prezzo bassi (caso anomalo per l'Italia, ma comunque possibile, in un ambito di strategia di penetrazione o addirittura dumping).

Questo tipo di analisi è tanto più efficace quanto il codice TARIC è univocamente associabile a un determinato bene. A volte lo stesso codice raggruppa più prodotti similari e quindi quello che si può estrarre, più che una precisa indicazione, costituisce una tendenza, per confermare la quale, e concretizzarla, andranno aggiunte ulteriori validazioni con il supporto delle associazioni di categoria e degli strumenti analitici digitali descritti in apertura di articolo.

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