Il passaggio da lavoro tradizionale a lavoro smart si è concretizzato con risultati da molti considerati straordinari, da altri, tutt’altro che confortevoli.
Non vogliamo entrare nel giudizio partigiano dello smart working, attestandoci piuttosto su una posizione più neutra, consapevoli del fatto che uno smart working efficiente è la risultanza di due fattori:
- la capacità del lavoratore di trasformare in modo efficace, nella propria quotidianità domestica, l’attività lavorativa;
- la capacità dell’azienda di fornire strumenti, intellettuali e informatici, affinché lo smart working non sia una semplice delocalizzazione delle funzioni.
L’implementazione dello smart working è infatti un’attività spesso più ampia e complessa di quanto le organizzazioni possano pensare.
Per avere successo nel lungo periodo, infatti, è necessario sviluppare un approccio strutturato, unitamente a un significativo investimento, al fine di trasformare, con esiti positivi, la cultura aziendale.
Le principali sfide dell’implementazione dello smart working
La crisi sanitaria, o meglio le scelte governative ad essa connessa, obbligano le aziende ad attivare lo smart working in tempi ridotti. Naturalmente questo processo “improvvisato” porta con se alcune problematiche.
Di seguito sono esposti i tre maggiori ostacoli – almeno secondo le fonti internazionali attualmente disponibili - all’implementazione dello smart working:
Adottare lo smart working in modo strutturale
Le aziende che credono di poter salvaguardare il proprio business semplicemente delocalizzando il lavoro, rischiano di rimanere deluse. Ogni persona è un universo e limitare lo smart working all’indicazione di continuare a lavorare da casa, rischia di avere esiti deludenti (rimanendo nell’ambito della produttività e della gestione del lavoro).
Indicare nuovi metodi e nuovi strumenti senza prima formare i lavoratori, rischia di vanificare investimenti e frustrare le aspettative.
Proprio a causa di questa improvviso cambiamento di rotta, lo smart working a volte si è trasformato in un calo dell’efficienza e in un aumento del senso di incertezza tra i dipendenti.
Per mettere in atto tale cambiamento è consigliabile coinvolgere i leader dell’azienda, condividendo una visione chiara di come l’azienda affronterà la crisi e fornendo linee guida comprensibili a fronte di un sostegno formativo.
Assicurare le infrastrutture per lo smart working
Se fino a non molto tempo fa le compagnie dovevano dirigere l’intero operato aziendale all’interno delle mura dell’azienda stessa, oggi i dirigenti si trovano costretti a organizzare ogni aspetto da remoto. Questo processo richiede profondi adeguamenti strutturali. L’intero processo richiede inoltre l’impegno e la collaborazione di tutti i dipendenti.
Connettività, programmi adeguati, appuntamenti calendarizzati, una gestione efficiente delle riunioni, con odg chiari e obiettivi chiarissimi, sono il “minimo politico” per non trasformare lo smart working in un mondo di call inutili e piene di problemi tecnici.
Bilanciare equamente il lavoro e la vita privata dei dipendenti
Una delle difficoltà scaturite dall’introduzione del lavoro da casa è l’incapacità di distinguere il confine tra lavoro e vita privata. Chi per primo ha adottato questa procedura operativa ha affermato che questo fattore non inficia sulla produttività, tuttavia, viene a costituire un ostacolo alla comunicazione e alla collaborazione se viene sottovalutato o gestito nel modo sbagliato.
Investire attivamente nella formazione dei propri dipendenti faciliterà lavoro e benessere.
Organizzare le pratiche di lavoro online
Adattare la leadership e i processi alla nuova metodologia lavorativa.
I dirigenti hanno l’onere di mettere a punto delle efficienti pratiche di comunicazione, sia per interagire con i dipendenti, che per mantenere unita l’azienda, sia per procedere insieme, con ritmo armonico, verso gli obiettivi prefissati.
Oggi il web fornisce moltissimi tools e programmi per facilitare le comunicazioni a distanza. Alcuni programmi si presentano in modo informale, altri sono più adatti a presentazioni frontali a distanza, altri ancora ottimi per le riunioni. Avere la consapevolezza che un programma non vale l’altro, è già un primo passo per vivere lo smart working con efficienza e consapevolezza. Selezionato il programma, formare i dipendenti ad utilizzarlo al meglio, aumenterà la loro zona di comfort, con una positiva ricaduta sulla gestione del lavoro e dei clienti.
Le statistiche lasciano presagire che lo smart working non ci lascerà presto, pertanto è necessario concentrarsi su una strategia a lungo termine.
Mantenere alto l’umore dei dipendenti
È fondamentale tenere d’occhio lo stato fisico e psichico dei propri dipendenti durante l’adozione dello smart working.
È compito della dirigenza fare attenzione all’impatto che genera la mancanza di contatto diretto, faccia a faccia, con i colleghi e con i clienti.
L’azienda deve riuscire a stimolare la cooperazione tra colleghi e monitorare il lavoro in team.
Un esempio positivo è dato da alcune aziende che, per simulare il più realisticamente possibile la presenza simultanea in ufficio, hanno organizzato pause caffè sincronizzate, dando la possibilità ai collaboratori di comunicare in modo informale, in tempi predefiniti, per mantenere vivo lo spirito di corpo e i ritmi lasciati in azienda. Pare che queste sessioni virtuali in cui non si trattano argomenti di lavoro abbiano riscontri positivi sul morale dello staff. Rappresentano tra l’altro un metodo per condividere idee e osservazioni con i colleghi.
Conclusioni
L’adozioni, coatta o strategicamente pianificata, dello smart working ha e avrà un forte impatto. Un forte impatto nella quotidianità dei lavoratori, nella comunicazione endogena (tra colleghi) ed esogena (con clienti e fornitori), nonché nelle aspettative delle persone.
Se processi lavorativi, rapporti umani, metodi di comunicazione, vengono modificati per mesi, questo non può che avere un impatto sulla cultura aziendale e sulle metodologie di gestione dei processi.
Approfondiremo ancora questo tema con esperti del settore, soprattutto in ambito commerciale internazionale.
Ciò detto, a sommesso parere di chi vi scrive, delocalizzare il lavoro in ambito domestico, senza un’evoluzione tecnologia e senza fornire la dovuta formazione, rischia di produrre danni alle persone e alla produttività dell’azienda.
Giorgio Michelangelo Fabbrucci