Come promuovere via digitale il biologico italiano negli USA

Le esportazioni agroalimentari dall’Italia all’estero valgono 46,1 miliardi di euro nel 2020 e segnano un +1,8% rispetto al 2019. Il dato è molto confortante se consideriamo che l’ammontare complessivo dell’export italiano l’anno scorso è calato di un -9,7% sull’anno precedente, il che conferma il settore agroalimentare come uno dei maggiormente trainanti della nostra economia (fonte Istat).

25 febbraio 2021

Le esportazioni agroalimentari dall’Italia all’estero valgono 46,1 miliardi di euro nel 2020 e segnano un +1,8% rispetto al 2019. Il dato è molto confortante se consideriamo che l’ammontare complessivo dell’export italiano l’anno scorso è calato di un -9,7% sull’anno precedente, il che conferma il settore agroalimentare come uno dei maggiormente trainanti della nostra economia (fonte Istat).

Gli Stati Uniti costituiscono uno dei principali mercati per l’export agroalimentare, con un valore di 4,9 miliardi, il 10% circa delle esportazioni totali rappresentate dal settore.

All’interno di questo ambito meritano particolare attenzione i prodotti BIO italiani, come messo in luce da una recente ricerca di Nomisma che ha coinvolto 500 aziende italiane e 1000 consumatori statunitensi (New York, San Francisco e Los Angeles) tra i 18 e i 65 anni.

Il BIO italiano: i principali mercati internazionali e il mercato Usa

L’Italia è la seconda nazione al mondo per l’esportazione di prodotti BIO, preceduta solo dagli Usa. In questa categoria di prodotti l’export del made in Italy continua a registrare da anni una tendenza di crescita del tutto significativa. Nei 12 mesi del 2020, infatti, le vendite complessive sui mercati esteri sono cresciute dell’8% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 2,6 miliardi di euro. Se leggiamo il dato in una prospettiva temporale più ampia, dal 2010 al 2019 il BIO italiano è cresciuto di quasi il 150%.

In questi 10 anni i settori in maggiore espansione sono stati il lattiero-caseario (+70%), i prodotti DOP/IGP (+67%) e il vino (+38%). L’Italia è certamente un paese leader in Europa in questo settore e possiede tutte le caratteristiche per giocare un ruolo da protagonista nell’attuazione della strategia Farm to Fork dell’Unione Europea pilastro dell’European Green Deal


[EXPORT BIO ITALIA: TRENDS (valori mln euro) - Fonte: NOMISMA]

La ricerca di Nomisma rileva come i mercati ritenuti più promettenti e con maggiori prospettive per il BIO italiano siano, nell’ordine, la Germania, la Scandinavia, gli Usa e la Francia. A seguire, Benelux, Giappone, Canada, Cina, Regno Unito e Svizzera.

Gli Usa, in particolare, rappresentano circa il 40% del mercato mondiale per il biologico e si collocano al primo posto per consumo di questa categoria di prodotti. Nel 2019 negli Usa si è comperato BIO per un valore complessivo di quasi 45 miliardi di euro, segnando un incremento di ben 158% sul 2010. (Fonte)

Questi dati si traducono in tendenze d’acquisto. Non solo 3 consumatori su 4 considerano i prodotti BIO avere una qualità superiore rispetto ai medesimi prodotti non BIO, ma un consumatore statunitense su 5 dichiara di essere influenzato nelle proprie scelte in negozio dalla presenza del marchio BIO sull’etichetta. In particolare, tra le motivazioni che portano a decidere di mettere nel carrello della spesa un prodotto BIO, le principali sono:

  • è più sicuro per la salute (lo pensa il 25% degli intervistati);
  • è di qualità più alta (per il 25%);
  • il processo produttivo è “environment friendly” (per il 22%).

C’è anche da aggiungere che, al momento dell’acquisto, il consumatore statunitense dichiara di fare attenzione soprattutto a:

  • luogo d’origine (per il 26% degli intervistati);
  • marchio o brand (per il 17%);
  • sostenibilità del prodotto, packaging ecologico e a basso impatto ambientale (per il 15%).

Chi preferisce acquistare via e-commerce e perché

I luoghi in cui il consumatore statunitense acquista prodotti BIO sono principalmente tre, con la GDO in testa alle preferenze, come dichiara il 26% degli intervistati, seguita dai punti vendita specializzati, frequentati dal 25%, e da ultimo un 14% sceglie di rivolgersi direttamente ai produttori. Il dato rilevante è che sia nel caso della GDO che dei punti vendita specializzati, gli acquisti avvengono sia in negozio, sia online. Per quanto riguarda appunto il fronte online, questa soluzione è praticata dal 41% dei consumatori di prodotti BIO, ma è interessante notare che solo l’8% di essi acquista su market-place e un altro 8% da siti di food delivery, due canali che si configurano quindi come luoghi digitali poco performanti per la vendita.

La scelta di comprare online sembra essere legata principalmente a due abitudini che in Usa si sono oramai consolidate:

  • acquisto via web e consegna a domicilio; il 65% degli intervistati dichiara di trovare comoda questa soluzione, che risolve i problemi di spostamento e riduce notevolmente il tempo complessivo necessario per fare la spesa;
  • acquisto via web e ritiro merce in negozio (click & collect); il 25% degli intervistati afferma di preferire questa modalità, che offre l’occasione di aggiungere alla spesa prodotti visti direttamente in negozio, anche all’ultimo minuto.


[CANALI DI ACQUISTO DEL BIO - Fonte: NOMISMA]

I trend di spesa

Prendendo in considerazione il 2020, rispetto al 2019 si registra un’aumentata attenzione verso i prodotti BIO da parte degli statunitensi proprio in conseguenza della pandemia da Covid-19. Il 42% dei consumatori ha infatti dichiarato di aver incrementato la propria spesa in prodotti di questa categoria, e di questi ben il 6% ha acquistato un marchio BIO per la prima volta nel 2020. Le principali ragioni di una simile tendenza sono da ricercarsi nel senso di maggiore sicurezza, sia per la salute, sia per l’ambiente, sia per gli animali, che un prodotto BIO dà rispetto a uno non BIO.

Il BIO italiano in Usa

L’attenzione degli statunitensi verso i prodotti BIO premia l’Italia come patria della qualità. Infatti, tra i Paesi stranieri produttori di agroalimentare BIO, l’Italia risulta essere il primo e più apprezzato mercato d’origine. Seguono Canada, Francia e Messico.

Stando alla percezione del consumatore in Usa, i nostri prodotti sono preferibili principalmente per tre ragioni:

  • sono di maggiore qualità (lo dice il 71% degli intervistati);
  • hanno un prezzo più conveniente (per il 55%);
  • hanno caratteristiche organolettiche migliori (per il 53%).

A questo va in ogni caso aggiunto che ben 8 consumatori su 10, a parità di prodotto, sono disposti a pagare un prezzo maggiore se di provenienza italiana con garanzia made in Italy, soprattutto per pasta, vino e olio extravergine d’oliva. Tuttavia, controllare il luogo d’origine sull’etichetta al momento dell’acquisto non è abitudine consolidata, poiché il 43% degli statunitensi dichiara di non farlo, in tal modo esponendosi a contraffazioni e falsi “fatto in Italia”.

Il BIO italiano in Usa: due problematiche

Non bisogna nascondere a questo punto alcuni problemi che portano a un mancato acquisto. In particolare, il 66% dei consumatori rileva di non trovare i prodotti BIO italiani nei punti vendita dove abitualmente fa la spesa e un 21% dichiara di non essere a conoscenza delle caratteristiche distintive del BIO made in Italy e dunque di non saperlo individuare, riconoscere e scegliere sullo scaffale o nel negozio digitale. Per contro, resta forte la curiosità del consumatore statunitense, poiché ben il 65% degli intervistati ha affermato di essere potenzialmente interessato ad acquistare e provare nuovi prodotti BIO italiani.

Come essere più efficaci sul mercato Usa: prospettive integrate online e offline

Stando ai dati finora messi in luce, è possibile immaginare diverse strategie di approccio al mercato Usa al fine di potenziare la presenza italiana. Anzitutto, il punto che sembra centrale per facilitare questa operazione è saper scegliere rivenditori locali già dotati di piattaforma e-commerce. Questa soluzione è preferibile rispetto a una penetrazione autonoma, almeno in fase di entry level di mercato, per due ragioni legate alla fisiologia del consumatore statunitense. Da un lato gli statunitensi già frequentano abitualmente GDO e negozi specializzati, che hanno saputo instaurare un rapporto di fiducia con i propri clienti. Sfruttare questa fiducia si configura quindi come opzione al momento ottimale. Dall’altro lato, gli statunitensi sono più abituati degli italiani a portare a termine acquisti di agroalimentare in modalità digitale e si aspettano dunque che il servizio su questo fronte sia ben rodato e affidabile, cosa che è garantita dagli e-commerce su cui già sono attivi. Appoggiarsi a soluzioni digitali già frequentate velocizza dunque il raggiungimento del cliente finale.

Stando ai risultati evidenziati da Nomisma, che sottolineano la difficoltà da parte degli statunitensi di trovare prodotti BIO italiani, lo sforzo più importante di penetrazione dovrebbe concentrarsi dunque su due aspetti:

  • ampliamento del numero dei punti di rivendita sul territorio, con preferenza per quelli che sono già dotati di piattaforma e-commerce, meglio se anche con versione mobile o app;
  • attività di marketing digitale mirato, sfruttando strategie combinate di inserzione banner pubblicitari e campagne promozionali direttamente sugli e-commerce del rivenditore.

Nell’operazione di potenziamento della presenza in più punti vendita, due sono i principali incentivi all’acquisto che possono convincere il consumatore statunitense a mettere nel carrello un prodotto BIO italiano:

  • mantenere il prezzo competitivo, integrando scontistiche temporanee;
  • il marchio del produttore/rivenditore, poiché il cliente preferisce acquistare da brand già conosciuti.
     

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